sabato 27 febbraio 2010

Babele


La vita di una candidata, vivaddio, non è fatta di sola politica!
La mia esperienza mi ha portato a capire due cose relative alle campagne elettorali, anzi tre.
La prima è che se per il mondo la primavera comincia il 21 marzo, per me ha inizio solo quando sulla mia auto inizia ad aleggiare il profumo inconfondibile di tipografia che scaturisce dai manifesti freschi di stampa.
La seconda è che l'unica cosa che ti salva dal diventare un'isterica al limite della schizofrenia è avere qualcosa che ti sottrae per qualche ora alla settimana da questa baraonda di lavoro, riunioni, iniziative, volantinaggi e attacchinaggi.
La terza è che in quel periodo, tra attività politica e “doveroso svago” ti scordi il significato della parola riposo.
Ieri sera avevo programmato una "serata libera" e sono andata a godermi un piacevole concerto-intervista a uno dei miei cantautori preferiti. Ad accompagnare la star della serata c'era una giovane cantautrice da lui scoperta un paio d'anni fa. Presentandola ha evidenziato ironicamente quanto sia diverso il modo di esprimersi di una donna rispetto ad un uomo.
Proprio martedì stavo ragionando con altre donne sulla maledizione di Babele.
E' come se uomini e donne parlino linguaggi differenti che li rendono incapaci di comprendersi.
Mentre tornavo dalla mia serata “relax” mi sono trovata a pensare che Babele ha colpito anche la politica.
Il linguaggio tecnico, spesso usato più per dar lustro alla propria immagine più che per effettiva necessità, ha reso la classe politica un popolo incomprensibile dalla larga parte della gente comune.
Mi spiego meglio. Quando mi chiedono in cosa consiste il mio lavoro posso rispondere in due modi. In politichese direi “Consiste nel verificare la velocità di reazione tra gruppi isocianici e gruppi ossidrili durante la reazione di polimerizzazione di resine poliuretaniche”. Se invece mi svesto della miei panni di “illuminata della chimica” la risposta è: “Consiste nel verificare quanto tempo ci mette una colla a indurire”.
La maggior parte dei concetti espressi dalla politica potrebbe essere sensibilmente semplificato per essere fruibile da una maggior quantità di persone ma l'autoreferenzialità spinge quasi tutti i politici a parlare il loro complesso gergo per non sentirsi in qualche modo “inferiori” ai propri diretti interlocutori scordandosi che questi non sono gli altri politici ma la gente comune.
Sarà per questo che prediligo l'incontro con la gente rispetto al dibattito politico tra candidati. Non amo vestirmi dei panni della politica che intavola discorsi complessi e articolati che colpiscono principalmente per la loro incomprensibilità.
Io parlo come ho sempre fatto con i pensionati del circolo del paese, con i miei coetanei, con i miei compagni di partito.
“Scusate non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera”

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