mercoledì 24 marzo 2010

Diritti consapevoli

Un po' di mesi or sono mi sono trovata a "discutere" di diritti con un mio coetaneo su FB. Avevo pubblicato un post che esprimeva il mio pensiero laico in materia di unioni di fatto e matrimoni tra omosessuali.
Questo amico contestava la mia posizione sostenendo che non fosse pensabile che il parlamento perdesse tempo a legiferare su materia d'interesse di una stretta minoranza dei cittadini. Gli feci notare che molto spesso il parlamento legifera su argomenti di interesse collettivo partendo dalle istanze di cerchie ristrette di persone come ad esempio in materia di diritto della famiglia. Portai l'esempio della legge sul divorzio, elaborata e promulgata dietro la spinta di interessi "borghesi", in un contesto sociale ancora fortemente legato alle istituzioni religiose. L'esigenza di una normativa che regolamentasse la cessazione di un matrimonio non era una necessità comune a tutti gli italiani ma poter sciogliere il proprio legame famigliare era un diritto che acquisivano tutti gli italiani. Stessa cosa valeva per l'interruzione volontaria di gravidanza che non implicava che ogni donna avrebbe fatto uso del diritto di abortire ma che permetteva a quelle donne che avessero scelto di farlo, di agire nel rispetto di loro stesse e della legge.
Non ricordo esattamente come ma si finì a discutere di laicità dello stato e il mio interlocutore se ne uscì con questa affermazione: "La costituzione sancisce che l'Italia è uno Stato cattolico e quindi deve difendere la Chiesa. Ora, tralasciando la mia reazione ai limiti di una crisi epilettica, risposi citando testualmente l'articolo 7 della Costituzione: "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale."
Alla mia replica non seguì nessuna risposta.
Spettatore di questa "disputa" fu il mio collega poco più che ventenne che osservava perplesso chi vi scrive, incredulo davanti al fatto che conoscessi relativamente bene il testo fondamentale della nostra Repubblica. A quel punto uscì fuori la mia indole di "maestrina" e posi la domanda peggiore che si possa fare a un "giovane": "Ti ricordi cosa dice l'articolo uno della Costituzione? Dai, non è difficile...". Silenzio.
Per prendere la patente devi superare un esame teorico in cui dimostri di conoscere le regole del gioco e uno pratico in cui applichi quelle regole. Per essere assunto superi l'esame di un colloquio in cui enunci quali sono le tue attitudini e poi un periodo di prova in cui dimostri di poter svolgere una determinata mansione.
Lo so che il voto è un diritto ma qualche volta vorrei che fosse accessibile secondo metodi un po' più "selettivi" che il semplice raggiungimento della maggiore età.
L'ideale sarebbe che arrivato al diciottesimo compleanno, ogni italiano avesse una "formazione sociale" tale da permettergli di votare in coscienza.
Anche lavorare è un diritto ma mica puoi progettare un ponte se hai studiato chimica.
Non sto dicendo che dovrebbero votare solo i cittadini che si interessano di politica ma non mi dispiacerebbe che la tessera elettorale fosse rilasciata dopo aver superato un breve "quiz" di educazione civica.
Forse, in questo modo, si otterrebbe un doppio risultato, quello di avere una popolazione più consapevole e quello di avere dei governanti più capaci.

3 commenti:

  1. POSSO SOLO DIRE OTTIMO

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  2. Premesso che il voto è un diritto di tutti i cittadini (grazie al cielo!), indipendentemente dal loro grado d'istruzione democratica e non, diciamo che uno Stato che non è in grado di trasmettere le proprie Regole fondamentali ai suoi stessi cittadini/elettori è un pessimo Stato, che altro non potrà produrre che pessimi cittadini/elettori...

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  3. L'ignoranza dei cittadini italiani in materia di Costituzione e di regole in generale è mortale...
    Ibadeth

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