lunedì 15 marzo 2010

Pre-cariato


Pre-cariato: dicesi di dente sul quale si sta sviluppando una malattia degenerativa dei tessuti duri che conduce al doloroso sgretolamento dello stesso a causa dei danni apportati a smalto e dentina .
Precariato: dicesi di condizione lavorativa degenerativa che porta al doloroso sgretolamento del tessuto sociale a causa dei danni apportati alla sicurezza lavorativa ed economica dei lavoratori.
Fosse così facile portare il nostro sistema economico dal dentista e curare questa malattia ora, finché è ancora curabile.
Quando una carie comincia a fare dei danni vistosi su un dente hai due alternative: o la curi e prendi un po' di precauzioni per evitare che si formi nuovamente o fai finta che non ci sia e ci mastichi sopra di tutto, accelerando il processo distruttivo.
Il precariato è la carie del nostro tessuto sociale e l'atteggiamento che si sta avendo nei suoi confronti è quello di chi finge che il male che sente sia dovuto a una nevralgia e non alla profonda voragine che si è aperta su un suo molare.
Se provo a fare i conto di quanti, tra i miei amici, godono come me dell'enorme privilegio di avere un lavoro full-time a tempo indeterminato, mi accorgo di far parte di una elite, di essere tra i pochi che, pur con qualche difficoltà, possono progettare un pezzo della propria vita con un minimo d'anticipo.
Perché poi è questa la prima implicazione di una condizione di lavoro instabile e sottopagata, quella di riuscire magari anche ad arrivare a fine mese, ma di non potersi permettere di immaginare cosa succederà il mese successivo o quello dopo ancora.
Quando l'azienda per cui lavoro ha richiesto i primi sei mesi di cassa integrazione ordinaria, ho vissuto l'evento con un'inquietudine dettata dal timore di dover cambiare i progetti che avevo messo in cantiere fino a quel momento. Lavoravo già da dieci anni e non avevo mai pensato che un giorno sarebbe potuto accadere che mi venisse imposto di stare a casa e perdere una parte del mio stipendio. Le uniche volte in cui avevo rinunciato ad un pezzetto di questo erano state le occasioni in cui avevo aderito agli scioperi nazionali e l'avevo fatto orgogliosamente, convinta che stessi difendendo il mio lavoro e quello dei miei colleghi pagando un piccolo prezzo.
Prima di provarla sulla mia pelle non avevo mai compreso quali fossero le implicazioni della condizione di insicurezza lavorativa. Le avevo immaginate ma mi sono resa conto di aver decisamente sottostimato la questione.
Da quell'esperienza imparai che se il lavoro era un diritto sancito all'articolo quattro della nostra beneamata Costituzione repubblicana nel '47, oggi la realtà è ben diversa.
Il lavoro ha come scopo la soddisfazione di bisogni individuali o collettivi e quando, perché sottopagato, perché temporaneo, perché inaffidabile, disattende la sua finalità, allora si chiama sfruttamento.
Scommetto che, spiegato opportunamente, anche mio nipote lo capirebbe. "Michi, se la mamma di da due euro e tu vuoi comprarti tre zucchine che costano tre euro (lui impazzisce per le zucchine!) perché hai tanta fame, puoi comprarle?" "No" "quante ne puoi comprare con due euro?" "Due" "Ti ci riempi il pancino con due zucchine?" "No". Mica così difficile!

1 commento:

  1. eh già noi i conti li facciamo tutti i giorni... con la vita reale.
    un saluto

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